Il mondo sta affrontando un viaggio verso la sostenibilità e uno dei settori chiave è quello dei trasporti. È qui che si gioca una partita fondamentale per raggiungere gli obiettivi di mitigazione climatica stabiliti a livello globale, eppure, l'accelerazione richiesta è lungi dall'essere soddisfatta. Difatti, si prefigura una sfida cruciale: la decarbonizzazione, ovvero la riduzione delle emissioni di gas serra responsabili del cambiamento climatico. Ma qual è l’effettivo quadro della situazione? «La decarbonizzazione è partita e ci sono i presupposti perché i traguardi che ci siamo dati vengano centrati, tuttavia c’è un problema di tempistiche - afferma Carmine Trecroci, professore ordinario dell’Università di Brescia ed economista della transizione ecologica -. Stiamo procedendo troppo lentamente per convertire e trasformare i nostri processi industriali, soprattutto la produzione e il consumo di energia, in una chiave più sostenibile, ossia riducendo il loro impatto carbonico».
Investimenti necessari
Non esiste una soluzione perfetta per affrontare la sfida della decarbonizzazione. Ogni configurazione ha un impatto, ma al momento, la situazione attuale dei trasporti rappresenta uno dei costi più significativi. «In termini generali il nostro paese nel 2022 ha emesso circa 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti e il traguardo al 2030 è dimezzarle - spiega Trecroci -. Per riuscire a farlo ,dovremmo attuare le trasformazioni già in atto ma moltiplicarle almeno per tre, cioè fare il triplo degli investimenti nelle rinnovabili, ridurre di tre volte la circolazione di automobili e così via». È evidente la necessità e l’urgenza di accelerare questo processo poiché l'attuale configurazione non permetterà di raggiungere né il traguardo del 2030, ossia dimezzare le emissioni, né gli obiettivi di emissioni zero entro il 2050, necessari per garantire la riuscita del contenimento del surriscaldamento globale entro i 1,5 - 2 gradi Celsius. Qui il settore dei trasporti gioca un ruolo fondamentale perché è responsabile a livello globale di circa il 30% delle emissioni di gas serra, mentre a livello nazionale si aggira intorno al 27%. «Questo in termini generali di trasporti. All’interno di essi la componente più importante la gioca il trasporto su strada e, in particolare, i veicoli privati a motore». Come si può tracciare la traiettoria verso la decarbonizzazione? Passa solo dai trasporti? «Anche da qui, è una delle partite più importanti affianco alla conversione del nostro sistema energetico, dei processi industriali e del riscaldamento domestico». La mobilità è una sfida che coinvolge diversi aspetti, tra cui l'offerta di servizi di mobilità sostenibile come spazi ciclabili e pedonali e il trasporto pubblico efficiente. Ma c'è anche un aspetto importante legato alla domanda: le abitudini di spostamento delle persone e delle merci devono cambiare, e ciò richiede un impegno maggiore da parte delle autorità pubbliche per fornire incentivi e penalità. «La buona notizia è che abbiamo mille strumenti, non dobbiamo inventarne altri. C’è una transizione tecnologica in corso che riguarda l’elettrificazione delle trazioni dei veicoli. Inoltre, secondo un'analisi recentemente pubblicata sulla rivista scientifica Nature si sottolinea che si può convertire la mobilità urbana riducendo del 22-23 % le emissioni di CO2, senza cambiare in senso peggiorativo la qualità della vita delle persone».
Strade da percorrere
Quali sono le opportunità immediate e le principali resistenze che bisogna affrontare in questo percorso? È davvero in salita? «A mio parere è una leggera discesa, ma lo sapremo e lo potremo comunicare una volta che si misureranno i costi dell’attuale configurazione, che non sono pari a zero. Il traffico urbano congestionato e carico di emissioni, rappresenta un costo che va ridotto e il ruolo dell’automobile a motore privata va ripensato secondo le soluzioni già discusse: trasporto pubblico, mobilità dolce e quant’altro». Insomma, le soluzioni ci sono e si possono attuare in tempi piuttosto rapidi, tuttavia bisogna comunicare bene i benefici. «Le resistenze sono quelle degli interessi costituiti, quindi gruppi di persone che ricavano benefici dalla situazione attuale che addossa alla collettività costi enormi. I benefici della configurazione attuale riguardano sostanzialmente gli azionisti di società che sono direttamente o indirettamente collegate ai combustibili fossili - chiude Trecroci -. Benefici della carbonizzazione sono molto diffusi, sono trasversali e riguardano la collettività, l’interesse generale, quindi è molto difficile organizzarli e coagularli intorno ad una politica ed a scelte che siano effettivamente maggioritarie».