É l’inverno demografico del nostro scontento. Sempre più «freddo», sempre più sterile per le culle bresciane, se si considera che in nemmeno quindici anni le nascite sono diminuite di circa 5mila unità. Nel 2008, l’anno d’inizio della grande recessione, la natalità nella nostra provincia ha raggiunto la vetta più alta dall’inizio del millennio con 13.636 nascite; nel 2021 è precipitata a soli 8.818 certificati di nascita, e non è da escludere che anche il 2022 pianga l’ennesimo record negativo, perchè al momento l’andamento della natalità si sta mantenendo sul filo dei livelli dell’anno scorso, forse qualcosa di meno. Ora, non c’è dubbio che mettere al mondo figli sia ben più che una gara contro il tempo e la natura, o una mera annotazione statistica da aggiornare di volta in volta. Dietro alla nascita dei figli c’è qualcosa di ben più complesso, ancestrale certo, la proiezione della vita nel futuro, la crescita e lo sviluppo di un Paese, di una società, quanto di più affascinante possa significare per gli essere umani. Natalità quindi da valutare sulla base dei numeri, intesi come base di partenza sulla quale impostare adeguate politiche famigliari. Perchè appare sullo sfondo un scenario preoccupante che si lega a filo doppio con il calo demografico: le proiezioni sul medio e lungo termine raccontano di una costante riduzione della popolazione italiana che rischia di dover fare i conti con una sempre maggiore percentuale di anziani e nello stesso tempo assistere al drastico di quella fascia anagrafica centrale, diciamo di età compresa tra 45 e 55 anni, che costituisce il nerbo del sistema occupazionale, senza il quale l’intera economia rischia pesanti contraccolpi. Al 2070 la popolazione italiana, alla luce delle proiezioni effettuate dall’Istat, potrebbe scendere fino a 47 milioni di residenti a fronte degli attuali 59; inevitabile il calo della forza lavoro, tanto che già al 2030 le previsioni annunciano le prime avvisaglie di difficoltà.
Ciò determinerebbe una minor ricchezza prodotta, quindi una riduzione del prelievo fiscale e l’inevitabile diminuzione di risorse per finanziare il welfare. Insomma un pericoloso avvitamento che richiede la messa in opera di azioni politiche significative a sostegno della natalità, ma anche sul versante dell’immigrazione a cui attingere per implementare il mercato del lavoro. Interventi oltretutto rapidi poichè i risultati delle scelte è improbabile producano risultati nel brevissimo termine; ci vorrà tanto tempo per invertire il declino anagrafico non solo italiano peraltro, ma dell’Europa nel suo insieme. L’Italia sconta qualche difficoltà in più in tal senso. Il campanello d’allarme ha suonato più volte nel corso degli anni, ma ha dovuto scontare un udito poco attento. Il sostegno alla genitorialità evidenzia un cammino ancora incerto. Basti pensare, ad esempio, per restare sull’attualità, che il nostro Paese non riesce a procedere spedito nell’investimento di ben 4,6 miliardi di euro messi a disposizione del Pnrr per asili nido e scuole materne. Il parametro di riferimento europeo di almeno un posto in asilo nido ogni tre bimbi, in Italia non è ancora stato raggiunto, come media nazionale, perchè poi le singole regioni evidenziano comportamenti virtuosi accanto ad altri inadeguati. Non va meglio sul piano dell’occupazione femminile, dove alle storiche carenze del mercato del lavoro si aggiungono le difficoltà per le madri spesso di conciliare il ruolo materno con quello professionale. L’occupazione femminile nel nostro Paese è pari 50 per cento nel 2021 contro il 63 per cento dell’Europa, un gap molto marcato.
Tornando all’andamento della natalità nella nostra provincia in questo spicchio di nuovo millennio, ai primi anni di costante crescita fino al 2008, con una forbice compresa tra 11 e 13mila nati, ha fatto risconto nel periodo successivo una lenta, costante, inarrestabile erosione che in nemmeno quindici anni ha fatto scendere l’indicatore demografico da oltre 13mila nascite a meno di 9mila nel 2021. La pandemia non ha certo contribuito, ma nemmeno peggiorato più di quanto si potesse immaginare, a mutare un quadro già negativo. Il 2021, anno pieno nel quale si potevano manifestare eventuali ricadute della pandemia sulla natalità, alla fine non si è discostato troppo dalle flessione dei periodi precedenti. Il dibattito di quel periodo insomma sulle possibili ripercussione per le nascite indotte dalla pandemia non ha modificato più di tanto il quadro generale di un trend sostanzialmente negativo. Andamento che ribadisce le incertezze delle coppie a procreare, accentuate dalla pandemia, rimaste tali dopo. Passata l’emergenza sanitaria sta bussando alle nostre porte la complicata situazione economica che ha il suo emblema nel rincaro dei costi di energia elettrica e metano. Non serve grande immaginazione a pensare che tutto questo non aiuterà a invertire la rotta. La diminuzione delle nascite negli ultimissimi anni è stata comunque meno marcata, un rallentamento che forse sta a significare il raggiungimento di una soglia destinata a stabilizzarsi e questo potrebbe essere d’aiuto nella programmazione delle azioni a cui si accennava poco sopra per ridare slancio alla progettualità genitoriale.
La soglia psicologica dei 9mila nati è stata superata l’anno scorso con 8.818 bimbi venuti al mondo, in percentuale quasi equivalenti maschi e femmine. In ogni caso i fiocchi rosa sono da sempre in numero inferiore in questo scorcio di millennio, un altro elemento che contribuisce ad indebolire la speranza di nascite. Il 2022, nei mesi fino ad agosto, ha visto nascere 5702 bambini; il confronto con i corrispondenti mesi dell’anno precedente rivela un sostanziale pareggio, anche se c’è un leggero calo, come l’Istituto nazionale di statistica ha peraltro già messo in conto già pronosticando una ulteriore discesa della natalità. L’ennesima picconata all’edificio di una Paese nel quale non trova ancora piena attuazione - leggi destinazione di ingenti risorse - una politica concertata che metta tra le priorità le esigenze di giovani e famiglie. Mai tema può essere più trasversale e importante di questo per il futuro del Paese.