di MAGDA BIGLIA

L’effetto denatalità sul sistema scolastico: aule sempre più vuote

Il mondo dell'istruzione 20 dic 2022
Aule sempre più vuote: le elementari perdono mille alunni all'anno Aule sempre più vuote: le elementari perdono mille alunni all'anno

Sempre di meno sui banchi in provincia: 149.498 studenti, in calo di 600 iscritti all’infanzia, duemila alla primaria, 729 alle medie. Tengono nel Bresciano solo gli istituti superiori, chi più chi meno, ma gli effetti del calo demografico presto arriveranno anche a quel livello.

Le percentuali peggiori sono sul Garda, meno 11 per cento, in Valcamonica meno 4. In dieci anni solo nel capoluogo sono nati oltre mille bambini in meno e questo si sente fra i banchi. Non chiudono per ora le scuole ma le sezioni in meno solo a Brescia sono state 23. Le materne si salvano facendo crescere i nidi e le sezioni primavera, per piccoli da due a tre anni. Sui complessivi iscritti i più sono alla primaria, 51.626, poi vengono le superiori con 51.151, le medie con 35.307, l’infanzia che, lo ricordiamo non è obbligatoria, 11.414. I docenti sono 11.956, gli Ata (bidelli e amministrativi) 3941. Non viene diffuso il dato delle scuole parentali, ovvero gestite dagli stessi genitori su richiesta e autorizzazione, molto in aumento dopo l’obbligatorietà delle vaccinazioni e dopo la pandemia. Il nostro territorio non è il solo alle prese con la mancanza di bambini, la tendenza è nazionale. Nei prossimi dieci anni, il Paese perderà circa 1,4 milioni di studenti fra i 3 e i 18 anni, sui circa 7,5 milioni attuali e il processo, già in atto, inizia a produrre i primi effetti: un vero e proprio smottamento della popolazione scolastica. Evento che inciderà profondamente sulle politiche di welfare, sul modello produttivo e dei consumi, sulle relazioni tra le generazioni, sulla sanità e sull’istruzione in primo luogo. Nella legge di bilancio quasi pronta si calcolano 600 plessi in meno per il prossimo anno 2023-24. Ed è prevista una continua discesa: nel 2024-25, i plessi scenderanno da 7402 a 7305, poi a 7305, a 7209 fino ad arrivare ai 6885 del 2031-32. Entro quella data si ipotizzano circa 400 presidi in meno.

E allora assume grande importanza la parola «dimensionamento» che, a fronte di questa situazione, vuol dire riduzione dei Comprensivi, maggiori accorpamenti senza più limite di studenti, ma con riduzione di segreterie e di dirigenti, un risparmio miliardario. Sarà affidato alle Regioni un pacchetto che potranno distribuire in base alle caratteristiche del territorio, con esoneri per le zone montane e le isole, ovvero i territori che sono maggiormente disagiati. In Lombardia sono presenti attualmente 1136 autonomie scolastiche, compresi 19 centri per gli adulti. Il Comune di Brescia sta valutando il suo dimensionamento con eliminazione di sovrapposizioni, anche con le paritarie per quanto riguarda l’infanzia riunita in un unico sistema, «in modo che ogni quartiere abbia il suo ciclo primario, incrementando soprattutto i nidi come chiesto dall’Europa» ha affermato l’assessore all’Istruzione Fabio Capra.

In provincia è già stato predisposto il dimensionamento 2023-24, e sono parecchi gli istituti comprensivi che supereranno la decina di scuole capeggiate da un solo preside. Ne avrà 10 Edolo (878 alunni) e pure Esine (771), ne avranno 11 Verolanuova (1112) e Bagolino (507), 12 la Valtenesi (1615), la Valsabbia (1022), Capo di Ponte (582), 13 Vestone (709) e Marcheno (891); Remedello ne avrà 9 ma comprenderà pure il Bonsignori che è istituto superiore per un totale di 1229 studenti. Del resto, con le precedenti regole il Bonsignori non raggiungeva abbastanza iscritti per un’autonomia. Sono certamente lontani i tempi in cui ogni scuola aveva il suo preside e i suoi uffici. Le secondarie di secondo grado, a seguito di una politica di decentramento partita parecchi anni fa in controtendenza alla forza centripeta del capoluogo, sono in parecchi paesi: Adro, Breno, Capo di Ponte, Chiari, Corzano, Darfo, Desenzano, Edolo, Gardone Riviera e Gardone Valtrompia, Ghedi, Idro, Iseo, Leno, Lonato, Lumezzane, Manerbio, Montichiari, Orzinuovi, Orzivecchi, Palazzolo, Pisogne, Remedello, Rovato, Salò, Sarezzo. In città sono 62 gli istituti fra statali e paritari, corsi serali compresi. A questo livello, in barba alle culle vuote, si continua invece ad avere le «classi pollaio», ovvero classi composte da un elevato numero di studenti: ma come lamentano i sindacati, la diminuzione dei ragazzi non serve a ridurre il numero degli alunni per classe, bensì a tagliare il personale scolastico e a non regolarizzare i precari, almeno 4 mila nella nostra provincia? Provincia nella quale una decina sono pure le reggenze dei presidi e parecchi sono i dsga, ovvero i dirigenti di segreteria, che mancano all’appello, sostituiti da chi non ne ha titolo. È chiaro che le previsioni del ministro Giuseppe Valditara tengono anche conto di questi posti vacanti, oltre che dello svettare dei costi energetici, nel ridisegnare il quadro del sistema scolastico in base al dimagrimento della popolazione di riferimento.

Ma tutte le sigle sindacali commentano negativamente: «Il progetto di riduzione del numero delle scuole - sostiene il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli,- è uno degli elementi più gravi di questa manovra complessivamente deludente per i nostri settori. L’accorpamento degli istituti si configura nei fatti come un vero e proprio taglio che ancora una volta andrà a colpire le regioni e i territori più deboli». La richiesta di aprire immediatamente un tavolo di discussione con le forze sociali, per «non spezzare il filo del dialogo, ma assicurare continuità e stabilità al confronto, nell’interesse del Paese» viene dal segretario generale della Cisl Luigi Sbarra. Mentre, secondo Ivana Barbacci, segretaria della categoria scuola in Cisl «se va superata la criticità delle reggenze perché in alcune regioni, soprattutto quelle del nord Italia, c’è più del 50% delle scuole che sono in reggenza e questo crea un grave danno all’efficacia del servizi, dobbiamo però tenere fermi gli organici, dei docenti e del personale Ata, per evitare che si riduca l’offerta formativa o che si torni con i tagli lineari a una condizione di fragilità di cui ancora paghiamo le conseguenze rispetto ad azioni del passato». Ribatte Rino Di Meglio della Gilda: «Il rischio è quello di compromettere i rapporti tra dirigenti e insegnanti come conseguenza di numeri che renderebbero problematico il buon funzionamento del Collegio». E, per Giuseppe D’Aprile, segretario generale della Uil scuola: «18/20 alunni dovrebbero tornare ad essere uno standard per il nostro Paese. Quindi un esecutivo lungimirante, convinto che attraverso la scuola passi il futuro del paese, dovrebbe trasformare il problema della denatalità in una opportunità e non in una penalizzazione».

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