di GIADA FERRARI

Sostegno alle famiglie, l’Italia marcia in ritardo rispetto all’Europa

Politiche Economiche 19 dic 2022
Le politiche economiche di sostegno alla famiglia in Italia marciano in ritardo rispetto all’Europa: Paesi come Francia, Germania o quelli scandinavi hanno un welfare molto più sviluppatoAi minimi termini  in Italia le politiche per il congedo dal lavoro dei padri in caso di nascita dei figli Le politiche economiche di sostegno alla famiglia in Italia marciano in ritardo rispetto all’Europa: Paesi come Francia, Germania o quelli scandinavi hanno un welfare molto più sviluppatoAi minimi termini in Italia le politiche per il congedo dal lavoro dei padri in caso di nascita dei figli

In Italia la crisi demografica è ormai una costante, tanto da portare il nostro Paese in coda all’Europa. Peggio di noi fanno solo Malta con un tasso di fertilità (cioè il numero medio di figli per donna in età fertile) di 1.13 e Grecia con 1.19. L’Italia si attesta ad un 1.24, molto lontano dalla media Europea (1.5) soprattutto rispetto ai paesi a noi più vicini in termini di ricchezza e demografia.

Una crisi che va imputata anche ai moderati investimenti fatti dal nostro Paese: soltanto l’1.4% del Pil è stato speso per le famiglie contro il 2.3% europeo. In Italia ad oggi le famiglie possono contare sull’Auu (ovvero l’Assegno unico e universale) che va a sostenere i figli fino ai 18 anni di età, oppure mentre se studia o cerca lavoro fino a 21 anni; l’assegno equivale a 175 euro al mese a figlio per le famiglie meno abbienti, 50 euro per quelle più ricche. Si tratta di una misura progressiva: infatti per ciascun figlio successivo al secondo è prevista una maggiorazione da 85 euro a 15 euro al mese. La misura è infine estesa anche ai figli degli immigrati se i genitori hanno un permesso di soggiorno da almeno 6 mesi. Qualcosa però forse sta per cambiare: la legge di bilancio del governo Meloni prevede infatti che per il primo figlio sotto l’anno d’età l’assegno unico venga aumentato del 50% (262 euro per le famiglie meno abbienti, 75 per i più ricchi). Lo stesso incremento potrebbe verificarsi per le famiglie con 3 o più figli sotto i tre anni d’età.

Ma in Europa la situazione è ben diversa e le politiche a favore della famiglia sono state impostare per sostenere la natalità: ad esempio Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna hanno infatti deciso di promuovere in maniera decisa i diritti e la parità di genere. A cominciare dalla Francia che fa davvero scuola: la misura più importante è l’«Allocation familiale» che finanzia le famiglie con almeno due figli fino ai 20 anni di età (25 se studiano). L’importo base è di 140 euro al mese, 320 euro per tre figli, 500 dai 4 figli in poi. Dopo il compimento dei 14 anni c’è un ulteriore aumento di 88 euro a figlio. Poi ci sono il premio alla nascita (970 euro), l’assegno mensile di base per i figli fino a tre anni (175 euro al mese) e l’assegno per l’inizio dell’anno scolastico (aliquota base: 378,87 per figli tra 6 e 10 anni, 399,77 per figli tra 11 e 14 anni, 413,62 per figli tra 15 e 18 anni). Le norme francesi stabiliscono infine che i genitori possono usufruire fino a 3 anni del part-time, in quanto lo Stato copre parte dello stipendio mancante. La Germania mette a disposizione per le famiglie due tipi di assegno: il «Kindergeld» per le famiglie con figli e l’«Elterngeld» ovvero l’assegno parentale. Il primo è un contributo universale di 219 euro dopo la nascita del primo figlio, che aumenta a 225 per il terzo e 250 per il quarto. La somma viene versata fino ai 18 anni d’età (25 se si studia o se si è disoccupati) ed è percepita anche dai residenti stranieri. Il secondo invece è pensato per tutti quei genitori che dopo la nascita sono disoccupati o scelgono di lavorare ad orario ridotto per accudire il figlio. L’assegno copre i primi 14 mesi di vita del bambino e corrisponde al 65% del mancato reddito netto e varia da un minimo di 300 euro a un massimo di 1.800.

Esiste poi un secondo importante contributo per le famiglie ed è il bonus asili nido. In Italia si tratta di un rimborso mensile che va dai 136 euro ai 272 (1500 euro annui massimi). Purtroppo i 553,8 milioni di euro stanziati per il 2022 non sono stati sufficienti e risultavano già esauriti a settembre, e solamente attingendo a risorse stanziate negli anni precedenti si è riusciti a rispondere a 425 mila domande. Inoltre la copertura garantita dagli asili nido è ancora troppo bassa rispetto al numero di bambini, ma dovrebbe aumentare nei prossimi anni grazie all’investimento di 3,1 miliardi del Pnrr. C’è da segnalare che il bonus non è cumulabile con la possibilità di detrarre il 19% delle spese dell'asilo nido, con un tetto di spesa massimo di 630 euro. In Europa le deduzioni fiscali sono la tipologia più comune di sussidi per sostenere le famiglie nel far fronte alle spese relative alla cura e alla custodia dei bambini. L'importo e il tetto massimo variano da un paese all'altro: ad esempio i cittadini francesi possono dedurre fino a 7500 euro all’anno per l’assistenza all’infanzia a domicilio per bambini minori di 6 anni. La Germania invece consente di dedurre i 2/3 dei costi per la custodia dei bambini fino ad un massimo di 4000 euro all'anno a bambino senza condizioni di reddito e per tutti i minori al di sotto dei 14 anni. Alcune regioni della Spagna limitano i benefici a una deduzione del 10% per le spese relative alla custodia di bambini al di sotto dei 3 anni. In termini di sussidi invece diverse regioni tedesche prevedono la parziale o totale gratuità delle spese per asili nido, scuole materne o strutture private per i bambini di età inferiore ai 6 anni. Il Regno Unito ha adottato lo stesso approccio con la sua politica di offerta di 15/30 ore a settimana di assistenza gratuita, iniziata nel 2017; mentre in Danimarca, gli enti locali contribuiscono dal 70% al 100% del costo dell'asilo nido, a seconda del reddito. Resta ancora un nodo che al momento sembra essere complicato da sciogliere: il congedo parentale. Una conquista quantomai recente per gli italiani: questo istituto infatti prima del 2013 non esisteva, ma si trattava di una sorta di congedo sostitutivo a quello materno che il papà poteva ottenere solo in caso di morte o grave infermità della madre, di abbandono da parte della madre o di affidamento in via esclusiva al padre. Attualmente in Italia i padri hanno diritto a 10 giorni di congedo obbligatorio retribuito; rispetto al congedo parentale invece, ci sono 10 mesi da ripartire tra i due genitori entro i primi 12 anni di vita del bambino. I mesi diventano 11 se il papà usufruisce di almeno tre mesi (continuativi o frazionati). L’Europa in questo caso è davvero avanti anni luce. Sul primo gradino del podio in termini di inclusività c’è la Spagna che promuove gli stessi permessi per padri e madri: dall’1 gennaio 2021 infatti hanno diritto a 16 settimane di congedo, non trasferibile e pagate al 100%. Di queste le prime 6 sono obbligatorie subito dopo la nascita del bambino, mentre le successive 10 sono facoltative e i genitori potranno scegliere se utilizzarle a tempo pieno o part-time. All’avanguardia anche i paesi scandinavi ed in particolare la Norvegia dove i papà possono beneficiare di quasi un anno di congedo con 46 settimane pagate al 100% o 56 settimane all’80%. Si tratta di 12 settimane per la mamma, 12 per il papà e il resto da dividere fra i due. Non c’è che dire: l’Italia ha ancora molta strada da percorrere.

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